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Restrizioni sulle collaborazioni “a partita IVA”

Con la L. 28.6.2012 n. 92 (Riforma del mercato del lavoro) e le modifiche apportate dalla L. 7.8.2012 n. 134 di conversione del DL 22.6.2012 n. 83 (Decreto sviluppo), sono state introdotte importanti novità circa l’impiego di soggetti titolari di partita IVA all’interno di aziende o studi. In particolare, si è stabilito che il rapporto di lavoro autonomo “a partita IVA” venga considerato rapporto di collaborazione coordinata e continuativa qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti: (i) la collaborazione con lo stesso committente abbia una durata complessiva superiore a 8 mesi annui per 2 anni consecutivi; (ii) il compenso derivante da tale collaborazione costituisca più dell’80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di 2 anni solari consecutivi; (iii) il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso la sede del committente. L’introduzione dei nuovi presupposti fa sì che non spetti più agli organi di vigilanza (in sede ispettiva) o al lavoratore (in sede giudiziale) dimostrare che il rapporto non abbia carattere effettivamente autonomo, ma che sia il committente a dover provare la genuinità della prestazione. La disciplina non si applica con riferimento alle prestazioni rese nell’esercizio di attività professionali, con iscrizione ad un ordine professionale ovvero presso appositi albi o registri, e per quelle caratterizzate da elevate competenze teoriche o capacità tecnico-pratiche e da una redditività minima fissata per legge.